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Curarsi con le erbe e scoprire il loro potere esoterico


Curarsi nel medioevo: Menta

Mentha piperita
È’ una pianta facilmente presente allo stato selvatico, di cui si utilizzano le infiorescenze e le foglie. Le infiorescenze si colgono tra luglio e agosto recidendole circa a 10-20 cm al di sotto delle stesse, successivamente si essiccano in luoghi ombrosi e ventilati.

Nel mondo greco e romano, la menta veniva considerata un potente afrodisiaco, tanto che ne proibivano il consumo prima che andassero in guerra. Il legame di questa pianta con l’euforia è testimoniata anche dall’uso di infusi a base di menta all’interno dei culti misterici, religioni che contemplavano tra le loro ritualità, cerimonie in cui l’iniziato si abbandonava completamente all’estasi mistica con l’aiuto di droghe, infusi, musica e danze sfrenate.

Un esempio ci è dato dal Kykeon, una bevanda a base di menta e orzo, utilizzata come tappa di iniziazione ai misteri Eleusini, i culti dedicati a Demetra e Persefone: l’eccessiva assunzione di questa bevanda, infatti portava a vere e proprie forme di delirio. La menta è stata protagonista anche della magica notte del solstizio d’estate, divenuta poi con l’avvento del Cristianesimo la notte dedicata a San Giovanni.

Con la menta e altre erbe, veniva composta la cosiddetta “acqua benedetta”: un’acqua in cui si immergevano determinate erbe che veniva esposta alla luce della luna e da questa si caricava di proprietà benefiche.
Inoltre, spargere foglie di menta sul suolo quella mistica notte era un’azione protettiva contro i serpenti e qualsiasi altro spirito maligno. Ildegarda consigliava la menta per favorire la digestione, mentre Odone di Meung, letterato francese di XI secolo, la consigliava per i più svariati disturbi: dal mal d’orecchi al vomito, dall’espulsione dei vermi ai problemi allo stomaco.

La menta potrebbe essere classificata come un’erba “femminile”: un’erba, cioè, capace di aiutare i problemi più comuni al mondo delle donne.
Era suggerita, infatti, per favorire lo “scioglimento di latte” nelle mammelle, applicandone un trito di foglie sui seni o, ancora, per evitare il concepimento, se introdotta nell’utero prima del coito. Anche la regola salernitana ci parla della menta, concordando con Odone di Meung e riconoscendo alla menta un potente potere vermifugo.

Oggi la menta è considerata una pianta dalle spiccate proprietà calmanti: l’infuso di menta, infatti, è utilissimo per calmare i soggetti nervosi, mentre le sommità fiorite, insieme alle foglie, sono indicati per favorire la digestione, sedare i dolori e le fermentazioni intestinali. Sembra che le foglie di menta abbiano anche effetto sulla regolazione del ciclo mestruale.


Thymus vulgaris

È’ una pianta cespugliosa tipica dell’area mediterranea che ama l’esposizione in pieno sole. Di essa si utilizzano le foglie e le sommità fiorite, che vengono essiccate all’ombra, in ambiente ventilato, in modo tale da conservarne l’aroma.

In antichità il Timo veniva utilizzato per favorire la guarigione di eruzioni cutanee di varia natura compresa l’acne. In genere non veniva mai consumato crudo, ma solo come condimento all’interno di zuppe di farro o piatti a base di carne o verdure.

Curare gli eczemi era necessario in quanto si credeva che, esplodendo all’interno, avrebbero provocato disturbi generali più gravi. Oggi il timo è considerato ancora un ottimo detergente: l’infuso di timo è un toccasana per risciacquare la pelle in presenza di acne.

Il timo viene analogamente apprezzato per le sue proprietà digestive e soprattutto curative per l’apparato respiratorio.


Curarsi nel medioevo: Cannella

Cinnamomum zeylanicum
È’ un albero sempreverde originario dello Sri Lanka di cui si utilizza la corteccia. Quando la pianta è cresciuta abbastanza da formare una buona corteccia, si preleva la parte interna dei rami più giovani, dopo averli privati del sughero. Deve il suo nome alla sua forma, appunto, cannella, cioè piccola canna.

Nel Medioevo la cannella veniva utilizzata molto in cucina oltre che in farmacia, come è testimoniato dai diversi trattati culinari come Le Mesnagier de Paris, del XIV secolo e il poemetto “Le Viandier” , una raccolta di ricette di un famoso cuoco francese, datato 1380.
Non manca di parlarne anche la regola della Scuola Salernitana. La cannella è una spezia conosciuta da tempi remotissimi, viene citata persino nella Bibbia (nello specifico si tratta del libro dell’Esodo) nell’episodio in cui si narra che Dio ordinò a Mosè di recarsi a consacrare il Tempio utilizzando una mistura di sostanze aromatiche; nel mondo romano, Plinio il Vecchio ne lamentava il prezzo esorbitante.

Difatti, ancora nel Medioevo la si offriva in dono ai re e alle regine da parte della nobiltà, come simbolo di raffinatezza e prestigio. Certamente le leggende che giravano attorno alla sua raccolta avevano contribuito a innalzare il valore di questa spezia: si favoleggiava, infatti, che uomini intrepidi dovevano contenderla a giganti uccelli, oppure recuperarla da profondi fondali di laghi, sorvegliati da animali alati che emettevano urla terribili.
La cannella è uno dei sapori più tipici del medioevo e il suo principale utilizzo, pertanto, era quello culinario: aromatizzava la carne di cinghiale, veniva utilizzata per insaporire le salse (come la salsa “camellina” ,tratta da una ricetta di Guillome Tirel, cuoco francese del XIV secolo, e la salsa delle “verte souce”, citata nel ricettario di re Riccardo II d’Inghilterra del XIV) e le bevande alcoliche, come il famoso Vin d’Ippocrasso o Vin Concio.

Le fonti ci raccontano anche delle abitudini alimentari a corte di Federico II, in cui non potevano mancare ricchissimi e coloratissimi piatti: salse raffinate preparate con pepe, cannella, noce moscata, zenzero, chiodi di garofano e zafferano rallegravano il banchetto imperiale con i loro profumi e i loro sapori. È ancora Federico che ci fa conoscere un’altra ricetta preparata con la cannella, le pere guaste con lo “zuccharo” e la cannella. Qualche giorno prima di morire, l’imperatore chiese che gli fosse preparato questo piatto, di cui probabilmente ne era ghiotto: si preparava con pere molto mature, cotte nel latte fino a disfarsi e polverizzate con zucchero e cannella.

Facciamo un salto a Salerno per apprendere l’uso medico che si faceva della cannella: i medici della scuola scrissero:
“Accendit venerem cum vaccae lacte recenti…auget semper amorem, alleviat mentem”
(Eccita il coito con il latte fresco di vacca… aumenta sempre gli stimoli dell’amore, rafforza l’intelletto).
La cannella ha proprietà eccitanti, agisce come stimolante per il sistema nervoso accelerando le pulsioni cardiache e respiratorie. Veniva utilizzata anche come astringente intestinale, e come un potente digestivo.

Consiglio esoterico: bruciare un pò di cannella come incenso attiva l’ attrazione del vostro partner verso di voi.





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